Succede frequentemente che l’assemblea sia invitata a deliberare interventi di per sé non specificamente indispensabili, ma che servono per migliorare l’estetica dell’edificio o per rendere meglio fruibile una parte comune o addirittura per modificarne la destinazione d’uso. Le diversità effettive degli interventi sono a volte sottili ed ecco che l’inventiva dei condomini si accende nel qualificare l’uno o l’altro come innovazione o come semplice modificazione, con le relative conseguenze sia in tema di maggioranze per deliberarli sia, soprattutto, di partecipazione alla spesa.
Il discrimine è il cambiamento di forma e sostanza del bene.
La legge ahimè non fornisce una definizione di innovazione, ma tale assenza normativa è stata da tempo colmata dalle sentenze: si può oggi comodamente affermare che per innovazione deve intendersi qualsiasi opera nuova che va oltre i limiti della conservazione e dell’ordinaria manutenzione e che determina un cambiamento totale o parziale nella forma o nella sostanza del bene comune, con la conseguenza di migliorarne o peggiorarne il godimento e comunque di alterarne la destinazione originaria. Una particolare modificazione dunque che rende, per così dire, nuova la cosa, con trasformazioni e cambiamenti dell’originaria funzione e destinazione o con un’alterazione della sua entità sostanziale (Cass. n. 18334 del 25/10/2012).
Ci sono innovazioni finalizzate all’uso più comodo e al miglior rendimento e godimento delle cose comuni che devono essere disposte dall’assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e i due terzi del valore dell’edificio (art. 1136 c.c. comma 5). La finalità perseguita e quella di agevolare i condòmini nell’introduzione di modifiche o esecuzione di nuove opere che permettano un uso migliore e più comodo delle singole unità immobiliari di proprietà di ciascuno, e, al contempo, è quella di impedire l’esecuzione di opere o modifiche che, pur importando un vantaggio per alcuni proprietari, pur se rappresentanti la maggioranza, siano suscettibili di arrecare danno e notevole incomodo nel godimento delle parti o servizi comuni anche a uno solo degli altri condòmini.
Per quanto riguarda la minoranza contraria ai lavori, vige nel condominio il principio per cui le delibere vincolano nella spesa anche coloro che non vogliono eseguire le opere. A tale principio fanno però eccezione gli interventi ritenuti voluttuari, cioè privi di una specifica utilità per i condomini, o quelli gravosi, caratterizzati da una notevole onerosità con riferimento oggettivo alle condizioni e alla importanza dell’edificio e non già a quelle economiche dei singoli condòmini. Per tali interventi è consentito al singolo condòmino e i loro eredi o aventi causa se suscettibili di utilizzazione separata di sottrarsi alla spesa per la quota di competenza, possono comunque avere la possibilità di potere in futuro giovarsi dell’innovazione contribuendo alle spese. Se l’utilizzazione separata non è possibile, l’innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condòmini che l’ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa. (art. 1121 c.c.)
Non costituiscono invece innovazione, ma semplice modifica, tutte le opere che servono per un maggiore o più intenso uso della cosa comune, senza comportarne una sostanziale alterazione e senza precludere agli altri partecipanti la possibilità di utilizzarla secondo la sua normale destinazione. Così ad esempio, non ha oggetto di innovazione, ma una semplice modificazione, la delibera dell’assemblea con cui sia disposta l’apposizione di cancelli all’ingresso dell’area condominiale, al fine di disciplinare il transito pedonale e veicolare e impedire l’ingresso indiscriminato di estranei (Cass. N. 4340 del 21/02/2013).