Così stabilisce la II^ Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 8512/2015 riconoscendo la legittimazione in capo all’amministratore all’azione ex art. 1669 Cod. Civ. (in materia di rovina e difetti di cose immobili) per tutelare unitariamente l’edificio condominiale quando i danni sono derivanti da vizi delle parti comuni dell’immobile anche se interessanti le parti di proprietà esclusiva di singoli condomini.
La sentenza della Suprema Corte definisce il giudizio in cui un condominio unitamente ad altri singoli condomini avevano convenuto in giudizio la società costruttrice e venditrice degli appartamenti al fine di chiedere il ristoro dei danni provocati da infiltrazioni: la società si difendeva affermando di aver affidato la costruzione dell’immobile ad altri soggetti ed eccepiva la decadenza e prescrizione dell’azione.
In primo grado il Tribunale aveva accolto la domanda del condominio e quindi, in secondo grado, la Corte d’appello aveva confermato la sentenza, avendo rilevato l’applicazione dell’art. 1669 Cod. Civ. (rovina e difetti di cose immobili) essendo la società venditrice e costruttrice dell’immobile altresì i Giudici d’Appello avevano rilevato fondata la legittimazione ad agire del Condominio trattandosi di danni verificatisi nella parte frontale ed inferiore dei balconi costituenti un bene condominiale per la funzione estetica svolta e “…le infiltrazioni avevano danneggiato, in definitiva, soprattutto l’euritmia della facciata..”.
Avverso la sentenza d’Appello aveva proposto ricorso in Cassazione la società costruttrice, contestando la legittimazione attiva del Condominio a chiedere il risarcimento dei danni relativi ai balconi dell’edificio, senza distinzione tra parti comuni in ragione della funzione estetica e parti di proprietà esclusiva.
Secondo la Corte di Cassazione la succitata distinzione era priva di rilievo ai fini della legittimazione dell’amministratore del condominio ad agire per la tutela indifferenziata dell’edificio nella sua unitarietà: le infiltrazioni riguardavano le parti dei balconi da considerare bene condominiale, in quanto funzionali all’estetica dell’edificio ed erano state provocate dall’insufficiente impermeabilizzazione dei balconi oltre che da un difetto di pendenza che, per l’eliminazione avrebbe reso necessario intervenire anche sulle parti di proprietà esclusiva.
Per la Corte di Cassazione l’amministratore del condominio poteva promuovere l’azione ex art. 1669 Cod. Civ. per tutelare l’edificio nella sua unitarietà trattandosi di pregiudizi derivanti da vizi delle parti comuni dell’edificio, anche se di riflesso interessanti le parti di proprietà esclusiva dei singoli condomini.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla società costruttrice.
La Cassazione, infine, nel consueto intento di non fornire una risposta relativa al solo caso specifico sottoposto alla loro attenzione, ma anche di indicare un principio di diritto al quale attenersi in eventuali casi analoghi, specificano che si è progressivamente ampliata, nel corso degli ultimi anni, l’interpretazione dell’articolo 1130, n. 4, del Codice civile, che prevede il potere-dovere dell’amministratore di compiere atti conservativi a tutela delle parti comuni dell’edificio, «fino ad affermare la legittimazione dell’amministratore del condominio a promuovere l’azione di cui all’articolo 1669 del Codice civile a tutela indifferenziata dell’edificio nella sua unitarietà».
Tale legittimazione si può anche esercitare, sempre secondo la Corte, in un contesto nel quale i pregiudizi derivino da vizi afferenti le parti comuni dell’immobile, ancorché interessanti di riflesso anche quelli costituenti proprietà esclusiva dei condomini.
In sostanza, qualora un amministratore intenda proporre una azione contro il costruttore per «rovina di edificio» in base all’articolo 1669, non si può limitarne il mandato alle sole parti comuni ma va comunque considerato esteso anche a quelle private.